, 21/07/2013 16:01
Al primo di luglio da IWA partivano le proposte di emendamenti e tra questi c'era un buon numero che faceva riferimento alle modifiche del Codice dei Beni Culturali. Al due luglio mi scrive Stefano Quintarelli:
[...] io presentero' gli emendamenti che hai proposto e che ho scritto che condivido. [...]io sobbalzo letteralmente, perché oltre a non conoscere personalmente Stefano (se non di fama) so pure che è in convalescenza per un bruttissimo incidente; premesso questo ci mettiamo al lavoro. Lui controlla l'omogeneità degli emendamenti, io riscrivo meglio i riferimenti facendo tesoro delle indicazioni di Morena e altri amici dell'IWA recuperando proposte di un anno fa fatte assieme a Frieda Brioschi per una proposta di legge di Antonio Palmieri. Cosa vogliamo raggiungere? Vogliamo fare in modo che quello che vale per i dati della Pubblica Amministrazione - che sono (sarebbero) open by default - valga per i dati dei Beni Culturali. A partire dalle schede di catalogo fino alla possibilità di fare un qualsiasi uso per le foto dei monumenti. Si. Avete capito bene: fare un qualsiasi uso delle foto dei monumenti! Al momento le immagini dei monumenti italiani che trovate su wikipedia sono illegali dal momento che per pubblicarle c'è bisogno di un'autorizzazione del proprietario del monumento anche se questo si affaccia su suolo pubblico. Per questo motivo WikiLovesMonuments deve fare degli assurdi aggrovigli burocratici per consentire agli appassionati di condividere le immagini del nostro immenso patrimonio culturale. Tornando al lavoro mio e di Stefano, abbiamo proceduto per criteri che fossero sia di "semplificazione" (se semplice è la normativa italiana) sia di "sistemazione":
- eliminare il più possibile l'ostacolo dell'autorizzazione per l'accesso ai dati dei Beni Culturali
- permettere agli Enti che li conservano la possibilità di rilasciare parte dei dati in forma libera e puntare alla fornitura a pagamento per i dati "preziosi"
- introdurre la possibilità di ottenere la promozione dei Beni Culturali partendo dell'enorme patrimonio della loro documentazione per immetterla su piattaforme come Europeana
Si è semplificato inserendo "uso non commerciale" al posto di "uso personale e/o per scopi di studio" per aumentare la possibilità di diffusione senza complicare troppo la distinzione degli usi. Inoltre si è inserito che non è richiesto alcun canone per il riuso di riproduzioni anche per scopi commerciali, qualora quelle stesse riproduzioni siano condivise con licenza libera da parte di tutti. Questo serve per incentivare la condivisione di riproduzione dei beni culturali su piattaforme come Wikipedia e altre piattaforme associate, oppure sul portale europeo dei beni culturali Europeana.Eppure... eppure i giorni passavano e gli emendamenti scorrevano fino a ieri che chiedendoci che fine avessero fatto, Stefano mi invia il testo inviato alle Camere dalla Commissione e magicamente: NON C'È PIÙ NESSUNO DEGLI EMENDAMENTI PRESENTATI! Motivazione: ce n'erano già troppi. Non so di preciso quale Commissione abbia operato lo stralcio, ma intanto segnalo che i responsabili sono tra quella del Senato e quella dei Deputati. Per correttezza non riporto le valutazioni di Stefano, già colpito dallo scempio del Wifi, ma mi permetto di farne alcune io. Questa vicenda dimostra che:
- dei beni culturali non importa nulla a nessuno -> ci sono altre priorità (!)
- chi "difende" i beni culturali dai giornali quasi tutti hanno incarichi di prestigio in qualche ente/fondazione o una cattedra universitaria -> che interesse hanno a modificare lo status quo?
- chi s'indigna per la rovina dei beni culturali ha mai provato a chiedere le documentazioni di quei beni?
- l'Europa guarda con molta attenzione quello che facciamo e si appresta a tagliare i fondi
- perché i professori hanno solo loro archivi di diapositive con cui legare gli studenti che altrimenti non avrebbero le documentazioni necessarie per le loro ricerche
- le soprintendenze non potrebbero fare le loro pubblicazioni in esclusiva
- i progetti di restauro sarebbero accessibili a chiunque e valutabili
- si saprebbero eventuali "scomparse" dai depositi delle opere
- si potrebbero mettere in relazione i documenti e ridiscutere le attribuzioni delle opere
- si rischia di togliere l'esclusiva della Storia dell'Arte a personale incapace di usare la minima tecnologia e si potrebbero avviare delle campagne di studio basate su dati e non su interpretazioni o studi risalenti a cinquanta anni